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“OGGETTIFICAZIONE”
è un progetto che si propone di esplorare il delicato confine tra il potere e la vulnerabilità attraverso l’uso del metodo Shibari, un’antica forma di legatura giapponese, applicata sul corpo di una donna. Le fotografie presentate in questa esposizione si avventurano audacemente in un territorio carico di significati, che richiede una riflessione attenta e una sensibilità verso il tema della sessualità e del controllo.

La serie fotografica offre una rappresentazione visiva cruda e intensamente emotiva della ragazza legata, offrendoci una finestra inquietante su un’esperienza che oscilla tra la sensualità e la sopraffazione. L’uso deliberato di Shibari, una pratica tradizionalmente associata alla bellezza estetica e alla ricerca della perfezione, qui trasforma il corpo in un’opera d’arte, ma anche in un oggetto di dominio e manipolazione.

Tuttavia, la forza dell’opera risiede nella sua capacità di sollevare domande provocatorie sulla natura del desiderio, del consenso e della soggettività. Ci troviamo di fronte a una ragazza che, pur essendo fisicamente immobilizzata, emana una presenza potente e provocatoria. Le sue espressioni e il suo sguardo rivelano una complessità di emozioni, che spaziano dall’abbandono alla sfida, dall’angoscia alla rivelazione.

L’artista sfida gli spettatori a interrogarsi sulle dinamiche di potere presenti nei rapporti interpersonali e sulle implicazioni psicologiche ed emotive della sottomissione consensuale. L’opera funge da specchio per le nostre stesse percezioni e proiezioni, invitandoci a esplorare le nostre reazioni viscerali di fronte alla vulnerabilità e al controllo.

Tuttavia, Tetsuo solleva questioni importanti e offre uno sguardo penetrante sulle complessità dell’esperienza umana, ci si potrebbe chiedere se l’opera riesca a navigare con successo il terreno fangoso tra l’empowerment e la rappresentazione della donna come oggetto di desiderio e controllo. La sfida dell’artista è quella di mantenere un equilibrio delicato tra la provocazione e il rispetto, tra l’estetica e l’etica, affinché l’opera possa veramente risuonare come un’esplorazione profonda e significativa della condizione umana.

Testo di Vincenzo Bordoni